Ci chiediamo: è possibile anche solo pensare alla modernizzazione del Paese, senza pensare a Roma? è possibile restituire alla prossima generazione un Paese migliore (tema cruciale del PNRR) senza pensare a Roma? è possibile la digitalizzazione di settori come cultura e turismo, senza pensare a Roma?
Non si tratta di una rivendicazione di campanile, per la quale Roma non è per altro tagliata, ma di come sia decisivo ciò che accadrà nella capitale per centrare il senso stesso del PNRR. Il Paese non è una steppa uguale, ma è fatto di centri nevralgici, di luoghi simbolici e di verticalità irriducibili. Una capitale non è sostituibile, con dieci sub-capitali, ma è unica per definizione.
Il pensare strategico porta a puntare al cuore delle cose, non ai suoi dintorni. Un'azienda parte dal suo "core business", non tratta tutto allo stesso modo; una disciplina parte dalle sue assunzioni fondamentali e non si perde nei rivoli; un paese parte dalla sua capitale, non per fermarsi lì, ma cominciando da lì, perché la nazione ha un suo centro, non è un tessuto intrecciato con i fili uguali in un'unica trama.
Le cose hanno un cuore: la modernizzazione della pubblica amministrazione non può che partire da Roma, dove ci sono i suoi centri più importanti: serve a poco avere isole felici, quando quel che resta è infelice, anche se ognuno a modo suo. Tutti gli organi amministrativi centrali del Paese sono a Roma: ci vuole una loro formidabile modernizzazione, se vogliamo che tutta l'amministrazione nazionale funzioni egregiamente. Lo abbiamo visto con la pandemia, con sistemi regionali uno diverso dall'altro: possiamo permetterci ancora divari, discordanze e recinti?
Nella cultura c'è tutto un mondo da avverare, che nasce dall'impiego delle nuove tecnologie: pensate a come il Colosseo possa restare un'icona della storia dell'umanità, con una nuova vita alimentata dalla realtà aumentata, dalla realtà virtuale e, persino, dal metaverso. Pensate alle aree archeologiche, a partire dai Fori Imperiali, quale esempio possono creare, e quale brillantezza possono regalare al Paese, da una loro reinvenzione come area che evochi la grandezza di Roma, e dell'umanità stessa. Sarebbe una carica simbolica, ma anche reale, effettiva, concreta capace di stabilire uno standard di bellezza per tutto il mondo.
Pensiamo alle infrastrutture di trasporto: Roma è al centro fisico del paese, che non è irrilevante nell'ingegneria della mobilità. È l'hub naturale del Paese. Ed è un hub proporzionato al Paese, perché in un'ora d'aereo si può arrivare in qualunque destinazione nazionale e solo con qualche ora in più, una volta completata l’alta velocità, saranno raggiungibili anche in treno. In un mondo globalizzato, e perciò stesso semplificato, è difficile pensare a un Pechino-Palermo, ma è possibilissimo ottimizzare in un punto nevralgico le linee aree, quelle ferroviarie, quelle autostradali e quelle marittime. È naturale che sia Roma a farlo. Mondo complesso? risposte semplici.
Siamo in una fase particolare della nostra storia: non potremo (e non dovremo) cancellare la globalizzazione, anche se ne vediamo lati oscuri e complicati; siamo tutti presi, in un modo o nell'altro, dentro a un processo di affermazione delle identità, al livello di nazione, di città e persino personale. La digitalizzazione, per sua forza interna, tende a uniformare tutto; e mentre tutto prova a essere uguale, tutto si ribella all'idea di essere uguale.
L'Italia non avrà un posto nel mondo né per la sua dimensione fisica, né per il numero dei suoi abitanti, ma per la sua capacità di trasformare in prodotti la sua spiccata identità: una cosa fatta in Italia; una cosa fatta da Italiani, ecco cosa ci aspettiamo di sentirci dire di fronte alle cose belle che sapremo inventare. Roma, in tutto e per tutto, è il concentrato simbolico del Paese; la città che vedono tutti, anche dal continente più lontano; la città che più gli da identità. L'Italia non ne potrà fare a meno.