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    Il valore della trasformazione digitale nel turismo

    Il valore della trasformazione digitale nel turismo

    Siamo in piena euforia (di parole, ma non solo di parole) per la trasformazione digitale: su quanto sia necessaria, impellente e desiderabile. Ed è la verità: tutto il mondo cambia sotto i nostri occhi, anzi al di là dei nostri occhi, perché per lo più avviene in maniera invisibile. Allora si tratta di capire, di guidare, anzi di cavalcare, se si potesse, la tigre silenziosa, piuttosto che assistere inermi, e senza incidervi, al suo trionfo.

    Il turismo per sua natura ha un grado elevatissimo di connessioni: il vecchio lavoro del tour operator era di mettere insieme trasporti, alloggio e attrazioni; è ancora così, ma si fa sul digitale, e ognuno è tour operator di sé stesso; per le compagnie aeree le connessioni sono ragione di vita, visto che lavorano per networks dalla nascita; per la stessa promozione turistica lo strumento era la rete delle fiere nei vari mercati del mondo, adesso o è digitale o non è. Ma come dev'essere?

    C'è una grande confusione sotto il sole, su come il digitale possa rendere davvero il nostro sistema ospitale più competitivo e, soprattutto, come rendere un servizio migliore ai nostri ospiti. Essendo il fine proprio questo: di rendere il viaggio e la vacanza nel nostro Paese una esperienza gratificante. Chi continua a contrapporre la "realtà" (i paesaggi, il cibo, i musei, il mare) alla "virtualità", cioè al modo come si percepiscono, si comunicano e si vivono (sul digitale) non ha ancora capito che i due mondi sono uno: "Esse est percipi", è un principio del 1700 e non del 2070. Oggi che l'informazione è concentrata, distribuita e organizzata (selezionata) sul digitale, la realtà effettiva è quella che filtra attraverso il digitale, attraverso le sue regole, i suoi algoritmi e le scelte di chi ne controlla l’agire.

    L'informazione, e più esattamente l'informazione in tempo reale, è oggi il fattore strategico cruciale di tutto il turismo. Siamo nel pieno dell'instant economy, perciò la vecchia storia che si accumulano i dati, si osservano i fenomeni, si delinea una strategia e poi la si mette in pratica (semmai sia stato così) non è più all'ordine del giorno. I modelli si autodefiniscono attraverso il machine learning e l'intelligenza artificiale connette una mole di dati, in tempo reale, che nessuna organizzazione solo "umana" potrebbe riuscire a fare. Soprattutto quando si incrociano i dati che derivano dai sensori che monitorano flussi, presenze e comportamenti (internet delle cose).

    Traduciamo questi concetti nel fine del fare, cioè nell'ambizione di gratificare i nostri ospiti. Significa che al singolo visitatore, che in quanto tale è irriducibile alla media, all'astrattezza di una qualunque persona, chiede un'informazione personalizzata e perciò gli interessa l'informazione adatta a sé, nel momento in cui ne ha bisogno, nella forma che predilige. Gli ospiti non hanno bisogno di liste (la lista degli alberghi, dei ristoranti, dei musei) o peggio di elenchi telefonici vecchio stile riprodotti sul piccolo schermo del telefono, ma di una informazione di valore: qual è la cosa giusta per lui in quel momento, secondo le sue esigenze, il suo profilo e le sue attese e come vi può accedere facilmente. Ad esempio, di un assistente virtuale alimentato dall’intelligenza artificiale che prova a capire le sue reali richieste.

    L'informazione di valore e la sua facilità d'uso, che permette di passare nell'istante stesso dall'informazione all'acquisto (vedo cosa c'è e compro, senza cambiare app, sito, telefono, ecc.) è quella che serve oggi. Siamo sommersi dall'informazione indistinta, non controllata, e non controllabile (perché è difficile distinguere la natura di un sito o di un'app), perciò quel che serve è un'informazione facile, garantita, in tempo reale e libera.

    Quest'ultimo attributo sembra eccessivo, perché espresso subito dopo aver detto dell'eccesso di informazione, ma è essenziale, perché i grandi player digitali hanno, legittimamente, un loro modello di business che ottimizza l'esperienza dell'utente sulla piattaforma (catturare la sua attenzione, farlo rimanere più tempo possibile, e farsi preferire a altre piattaforme), ma non necessariamente ottimizza l'esperienza del turista nella destinazione. Detto in termini più crudi: interessa vendere il servizio dell'inserzionista piuttosto che quello offerto da chi inserzionista non è.

    In sostanza, stiamo parlando di idee che sono già presenti da dieci anni e che solo adesso cominciano a farsi strada, proprio nel mentre si delinea un nuovo scenario totalmente diverso per i prossimi anni, ma forse bisogna dire di mesi. Si tratta del metaverso che non è, banalmente, la sostituzione del viaggio reale con quello virtuale, ma offre opportunità di natura totalmente diversa da quella di oggi, di promuovere le destinazioni, socializzare la propria esperienza di viaggio e comunicare le proprie sensazioni nel mentre si è in viaggio.

    Siamo all'alba del web 3.0 che ci farà passare dal modello attuale (i big player che fanno i soldi controllando la distribuzione dei contenuti creati dagli users e gestendo i loro dati) a uno nuovo in cui gli utenti ricevono un compenso attraverso la decentralizzazione della distribuzione dei loro contenuti e riappropriandosi dei propri dati). Sono scenari che, proprio perché cambiano completamente lo scenario, suscitano insieme timori e prospettive eccitanti prima impensabili.

    Proprio per queste ragioni la festa digitale dev'essere condotta con molta attenzione, perché da un lato non possiamo regalare il turismo italiano (id est l'informazione sul turismo italiano) a player che hanno obiettivi diversi dall’affermazione del nostro sistema ospitale nel mondo e dall'altro non possiamo accumulare dati senza una logica, senza un fine, senza un senso del loro impiego e della loro utilità.

    È una grande sfida, la più grande sfida, quella tecnologica, che abbiamo davanti e la tecnologia non è l'ancella del sistema, ma il suo cuore, crudele o felice, vedremo. Dipende da noi.

    Bio

    Antonio PreitiEconomista. Docente all’Università di Firenze. Master in Economia dello Sviluppo, Laurea in Scienze Economiche e Sociali. E’ cresciuto al Censis, responsabile di Sociometrica, è consulente strategico.

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