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    L’intelligenza collettiva contro i virus

    L’intelligenza collettiva contro i virus

    Ci vuole un grande atto di intelligenza collettiva, di raccolta e sintesi della conoscenza, da dovunque a da chiunque provenga, per far fronte al rischio biologico, di cui il corona virus è l’esempio più tragico e terribile.

    Il problema fondamentale di questo virus così micidiale, come di ogni altro virus, è che si tratta di qualcosa di sconosciuto e, naturalmente, a causa della sua naturale diffusione a rete, segue la fisica sociale dei comportamenti umani. Per sconfiggerlo c’è bisogno di tutta la scienza sanitaria, che cura i malati, crea il vaccino e incide sulla malattia, unita a tutta la scienza che è in grado di ricostruire, simulare e prevedere i comportamenti dei virus legati ai comportamenti umani.

    Alla globalizzazione naturale del virus non corrisponde una globalizzazione delle conoscenze sul virus. È normale che ogni paese, ogni regione, ogni ospedale (e addirittura ogni medico) sperimentino un farmaco, avviino la terapia che sembra più appropriata, proprio perché non c’è un vaccino disponibile, hanno solo a disposizioni la casistica di cui hanno conoscenza e non c’è tempo per utilizzare i tempi e le procedure normali per poter metter in campo un farmaco con tutti i requisiti dei tempi ordinari. Il tempo, le ore, sono decisivi: non si può allo stesso tempo curare i malati, capire la fenomenologia dei casi che si trattano, e studiare quelli di altri ospedali, i report dei medici che li hanno curati e gli studi realizzati in vari paesi, magari di altri continenti.

    Il 17 marzo scorso la Presidenza degli Stati Uniti, o più esattamente l’Office of Science and Technology Policy ha lanciato una gara (call to action) per esperti per costruire rapidamente strumenti di intelligenza artificiale che possono essere applicati al nuovo COVID_19. Nell’intanto hanno messo in piedi un data-set (COVID-19 Open Research Dataset) con Microsoft, la Fondazione Chan Zuckergerg (creata dal fondatore di facebook con la moglie Priscilla Chan), l’Istituto Allen per l’intelligenza artificiale, la Georgetown University e la Biblioteca Nazionale di Medicina per analizzare 29mila testi, di cui 13mila sono report completi sul corona virus.

    In brevissima sintesi, Microsoft contribuisce con la ricerca sul web di tutto quel che c’è sull’argomento, la Fondazione Zuckergerg raccoglie studi, commenti e ricerche non ancora ufficialmente pubblicati, la Biblioteca Medica mette a disposizione tutti i testi disponibili sull’argomento virus e Allen trasforma il tutto in una forma leggibile e consultabile, che può essere studiato da chiunque, dovunque. Il tutto ha un motore interno di machine learning (Kaggle platform) di Google cloud. Esempio di intelligenza collettiva.

    In sostanza - si dice - dato che di questo virus abbiamo bisogno di sapere tutto, e da tutti, e con ogni strumento, nessun essere umano, nessun team, per quanto numeroso, potrebbe in tempo reale leggere e analizzare tutta la materia che viene prodotta sul corona virus ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Abbiamo strumenti della conoscenza formidabili, finora usati prevalentemente per fini commerciali, adesso si possono usare per fini sanitari e per il bene comune.

    La conoscenza, come il virus, ha bisogno di sviluppare una sua rete, da punto a punto, da punto a snodo, e abbiamo davanti proprio lo snodo italiano, che può essere utile, oltre che per contrastare il virus di questi giorni, anche per presentare al mondo l’esperienza italiana, fatta di uno straordinario sforzo sanitario che può essere utile per altri paesi, e per l’umanità, vista la diffusione progressiva del virus dappertutto.

    Abbiamo bisogno di mettere insieme ogni cosa: le cartelle cliniche di tutti i contagiati, ma anche di quelli che controllati, non siano risultati positivi o abbiano superato il virus diventando immuni, perché il confronto interno e fra le varie tipologie è fondamentale; le terapie che sono utilizzate nei vari ospedali; le chiamate ai pronto soccorso, perché ci danno in tempo reale lo sviluppo e la dinamica delle sintomatologie più legate al coronavirus; le statistiche puntuali su cosa fa ogni soggetto sanitario in queste ore, per avere un quadro della situazione aggiornato con le più varie fonti. Tutto in automatico. In sostanza si tratta da un lato di ricostruire l’unitarietà del paese sul piano della conoscenza della realtà e dall’altro di fornire agli scienziati e a chi opera sul campo un luogo dove trovare in tempo reale, e con totale e piena disponibilità ogni informazione di cui abbiano bisogno.

    Tutto questo è possibile con la tecnologia semantica e ci sono aziende italiane in grado di farlo in maniera egregia e in tempi rapidissimi: probabilmente in pochi giorni. Si tratta di raccogliere i dati, indicizzarli e farli “parlare” e confrontare tra di loro, affinché auto-generino modelli di diffusione e criticità del virus. Bisogna agire come il virus: lui si trasforma e cambia nel suo sviluppo, si adatta e muta e la conoscenza deve fare altrettanto: raccogliere le esperienze dovunque, organizzarle, dar loro profondità e dettaglio, così da renderli disponibili a tutta la comunità scientifica e ognuno avrà la possibilità di modificare quei dati, aggiungere conoscenze e sviluppare e verificare nuove ipotesi. Mutare le strategie, adattarle.

    Questo nell’emergenza e l’emergenza basta a sé stessa; ma il sistema dev’essere poi costruito su un piano strutturale e permanente. Una piattaforma di questa natura serve anche (e soprattutto) per fini preventivi, perché una delle sue capacità maggiori è quella predittiva. Si tratta di scoprire il virus non appena si manifesta (essendo impossibile scoprirlo quando nasce) e per farlo bisogna costantemente monitorare le fonti di informazione: dalle cartelle cliniche dei pronto soccorso ai post su facebook e su twitter, quando indichino sintomatologie intense o varie oltre l’usuale; le fonti di conoscenza: studi e report sull’epidemiologia da ogni parte del Paese e integrarli in uscita e in entrata con quelli di altri paesi; le fonti di classificazione: creare e integrare i cataloghi dei virus conosciuti, la loro fenomenologie, le loro caratteristiche. Non è qualcosa di irreale, già Australia e Canada lo fanno.

    Non si avrà la matematica certezza che ogni virus sia prontamente scovato e sconfitto in men che non si dica, ma avremo almeno la tranquillità che si stia facendo tutto quanto la nostra scienza e la nostra intelligenza collettiva sono capaci di fare. E non è poco né in fatto di tranquillità, né in fatto delle capacità in campo.

    Bio

    Antonio PreitiEconomista. Docente all’Università di Firenze. Master in Economia dello Sviluppo, Laurea in Scienze Economiche e Sociali. E’ cresciuto al Censis, responsabile di Sociometrica, è consulente strategico.

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