Iscriviti alla newsletter

    Roma “Capitale”, la storia esilarante di un nome che si suppone importante

    Roma “Capitale”, la storia esilarante di un nome che si suppone importante

    Che brutta la scritta “Roma Capitale”, che campeggia sul dorso dei vigili e su ogni dove abbia a che fare con l’amministrazione capitolina. Che senso ha? ci chiediamo. Vuole forse rammentare che Roma è effettivamente la capitale del Paese? Inutile dirlo ai Romani. Vuole forse aggiungere un termine che rafforzi il nome? Folle, perché nessun nome al mondo, fra le città, è più famoso di Roma: di capitali ce ne sono tante, di Roma una sola. Allora cosa? Non basta dire Roma? e, se si vuole, si può anche dire Comune di Roma, gentile (nell’accezione etimologica) appropriato, umile e dignitoso.

    Perché si è arrivati a tutto questo? A questa tautologia, e per di più a un nome che pone più domande che risposte? La storia è anche curiosa. Siamo al 2009, legge del 5 maggio, per chi ama la precisione. Siamo nella moda del federalismo fiscale, per altro solo “parlato” e mai realizzato, meno che mai a Roma. All’articolo 24 della legge spunta questa simil-istituzione: ”Roma capitale è un ente territoriale, i cui attuali confini sono quelli del comune di Roma, e dispone di speciale autonomia, statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione.” Ovviamente, di questa promessa autonomia non s’è visto pressoché nulla: è solo rimasto quel nome di “capitale” appiccicato alle divise dei vigili, sulle auto e nella carta intestata.

    Avete letto bene: “capitale” è scritto con l’iniziale minuscola, perciò non è un cambio di nome. Per di più, la legge avrebbe dovuto dare a Roma un potere sulla valorizzazione dei beni storici, artistici, ma “previo accordo” con il Ministero dei Beni Culturali. Autonomia subordinata, si direbbe, quindi non vera autonomia. Una legge fatta di giochi di parole, si potrebbe dire: dà alla città anche un potere sull’edilizia pubblica e privata, ma è un potere che aveva già, come ogni comune d’Italia. Insomma, detto in maniera brutale: quello che sarebbe stato importante non si è realizzato, e quello che si è realizzato c’era già.

    Il Sindaco del tempo Alemanno, preso, evidentemente, da entusiasmo, da impeto o da altro sentimento riconducibile all’azione immediata ed eclatante, fa cambiare le vecchie scritte del Comune di Roma con la nuova dicitura “Roma Capitale”, con conseguenze economiche non irrilevanti. Ma com’è che la lettera minuscola diventa maiuscola? Comparendo d’imperio su ogni dove? Arriviamo così al settembre 2010, dove incontriamo l’esilarante, perché la legge n. 156 recita: ”Sentiti la Regione Lazio, la Provincia di Roma e il Comune di Roma;” perciò il Comune di Roma era rimasto vivo e vegeto, altrimenti non avrebbe avuto senso il suo riferimento nella legge, decreta “disposizioni fondamentali dell’ordinamento di Roma Capitale”, e qui avviene la conquista dell’iniziale maiuscola. Infatti, l’articolo 2 ha come intestazione “Organi di governo di Roma Capitale”: la maiuscola batte così la minuscola, come spesso succede nella vita, perché Davide batte Golia nella Bibbia, più raramente nel mondo reale.

    La consacrazione della maiuscola conquista tre anni dopo i caratteri cubitali, perché nel 2013 viene approvato lo Statuto della città (al proposito la storia italiana è una splendida storia di comuni, come da nessuna parte al mondo, perciò essere Comune evoca grandi storie…i comuni italiani erano capitali per loro stessa natura) e il titolo che si supponeva sarebbe stato magniloquente (ma è percepito come vacuo, vano e provincialotto) diventa “Statuto di Roma Capitale” e da quel momento in poi la logica stringente del linguaggio giuridico (che non ama definizioni inutili e ridondanti) viene “deturpata” definitivamente. E siamo ancora qui, ancora qui oggi, a parlare dei poteri da dare alla città, come se quella legge non fosse mai esistita.

    Andreotti, che aveva una certa familiarità con la scrittura, l’ironia e la concretezza, nel 1992 aveva istituito un ufficio speciale per Roma, presso la Presidenza del Consiglio, con una dotazione specifica di risorse da dedicare alla capitale, scrupolosamente con la lettera minuscola, si sa che l’uomo non ha mai amato l’appariscenza. Ufficio prima congelato e dopo cancellato. Ufficio più decisivo della norma successiva.

    Nel mentre possiamo chiedere chiarezza, e magari dare davvero veri poteri a Roma, per i quali non serve un ambaradan di nomi, sottonomi o pseudo nomi, ma qualche norma ben scritta, secca e chiara, si potrebbe cancellare de facto quel termine superfluo ovunque si può; un termine che ha generato solo usi lessicali poco lusinghieri (Mafia Capitale; Sporcizia Capitale, e così via): lasciamo solo Roma. Un nome che più bello non si può, che si giustifica da sé, che non ha bisogno di altro, se non di essere conservato in quello splendido suono di due sole sillabe. Senza aggiungere altro.

    Bio

    Antonio PreitiEconomista. Docente all’Università di Firenze. Master in Economia dello Sviluppo, Laurea in Scienze Economiche e Sociali. E’ cresciuto al Censis, responsabile di Sociometrica, è consulente strategico.

    Leggi tutto

    Salva
    Preferenze dell'utente sui cookie
    Questo sito utilizza i cookies per offrire una esperienza di navigazione migliore. Se non accetti di installarli il sito potrebbe non funzionare come atteso.
    Accetta tutto
    Rifiuta tutto
    Cookie policy
    Analytics
    Strumenti utilizzati per analizzare i dati per misurare l'efficacia di un sito web e per capire come sta funzionando.
    Google Analytics
    Accetto
    Rifiuto
    Functional
    Strumenti utilizzati per darti più funzionalità durante la navigazione sul sito web, inclusa la condivisione sui social.
    AddThis
    Accetto
    Rifiuto