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    Russia-Cina: la nuova globalizzazione che cambia l’ordine mondiale

    Russia-Cina: la nuova globalizzazione che cambia l’ordine mondiale

    Siamo portati a vedere l’invasione di Putin dell'Ucraina come un atto di potenza, quasi un distillato di volontà di potenza, data la sua gratuità, e il pensiero, alla ricerca delle sue cause e dei suoi possibili moventi, ci porta automaticamente all'ex Unione Sovietica, o addirittura al suo passato imperiale, al tempo degli zar.

    Probabilmente nella chimica dell'invasione sedimentano elementi sia dell'uno che dell'altro, ma così forse ci perdiamo la novità dell'atto, cioè ci perdiamo la possibilità di inquadrare l'invasione dell’Ucraina nel presente e nel futuro, non nel passato. Siamo davanti a un cambiamento che si prospetta di essere radicalmente diverso rispetto agli equilibri del mondo come lo conosciamo. Non si tratta di futurologia politica, ma di una analisi coerente di quanto sta succedendo in questi ultimi mesi.

    Partiamo da un documento fondamentale di queste settimane, l'accordo stipulato in apertura dei giochi olimpici, lo scorso 4 febbraio tra Russia e Cina. Tra l'altro, l'ipotesi ventilata in quei giorni, che l'invasione dell'Ucraina si sarebbe realizzata non appena i Giochi fossero finiti, si è rivelata esatta. Anche per questo aspetto, ma non certo solo per questo, quel documento assume particolare valore.

    Se lo guardiamo con attenzione vediamo una sintesi molto chiaro della nuova concezione del mondo, o della nuova ideologia dell'alleanza strategica tra questi due paesi, anche se il termine "alleanza" non compare mai esplicitamente nel documento. Cosa si sostiene in questo testo, che può essere considerato, a ragione, il Manifesto strategico della nuova alleanza euroasiatica contro l'Occidente?

    Il primo punto riguarda la concezione stessa della democrazia. In sostanza si afferma che la democrazia non ha valore universale con una forma già definita (libertà di stampa, di parola, con libere elezioni, contendibilità del potere, ecc.), ma "assume le forme della tradizione di ogni paese, incluso il suo sistema politico e sociale". In sintesi, si nega che la democrazia, come noi la conosciamo, sia un valore, ma si assume come democratico "qualunque assetto statuale e sociale che deriva dalla tradizione di ciascun paese". Detto in breve: la democrazia liberale non è nulla, non ha nulla di distintivo.

    Non ci si ferma solo alla relativizzazione della democrazia, ma si relativizzano anche i diritti umani, che solitamente sono considerati al di sopra di qualunque regime politico e statuale. Nel documento si afferma che i diritti umani non devono essere usati come pressione su altri paesi ("human rights not be used to put pressure on other countries"); anzi, i due paesi vedono la rivendicazione dei diritti umani come una minaccia ("serious threats") a stati sovrani e una interferenza nei loro affari interni. Perciò anche i diritti umani sono relativi e ogni stato stabilisce quali siano e come debbano essere trattati.

    La parte politico-strategica arriva subito dopo, quando si afferma che i due paesi intendono sviluppare piani per lo sviluppo dell'area euroasiatica accanto alla Via della Seta per promuovere "una più grande interconnessione tra l'Asia del Pacifico e le regioni euroasiatiche". In sostanza, si propone una globalizzazione euro-asiatica da contrapporre a quella occidentale. Riecheggia qui l'assunto geo-politico di vari ideologi russi secondo cui il continente euro-asiatico abbia il destino di contrapporsi alla Civiltà del Mare, cioè quella atlantica. L'evocazione in termini di millenarismo fa assumere all'alleanza contorni identitari che sono poi utilizzati, ad esempio, contro l'Ucraina, per dire che quel paese non ha una identità storica, o per dire che Taiwan appartiene alla Cina. Tra l'altro nel documento viene sostenuto che "Taiwan è un'inalienabile parte della Cina e i due paesi s'impegnano ad opporsi a ogni indipendenza dell'isola".

    Il manifesto del 4 febbraio descrive perciò la strada verso la fine della globalizzazione come la conosciamo, perché indica una circolarità territoriale che vuole essere autosufficiente: dall’arco del continente euroasiatico russo-cinese alla Via della seta sulla parte meridionale, che arriva fino alle propaggini dell'Europa nell'area medio-orientale.

    In questa prospettiva assumono un valore strategico alcune decisioni dei due paesi, perché costituiscono le infrastrutture per rendere autonoma la globalizzazione euro-asiatica. La creazione di un sistema di pagamenti che corra in parallelo con il sistema Swift e lo sostituisca in caso di una sua inaccessibilità; la progettazione e le prime sperimentazioni di una moneta digitale cinese che sostituisca (o sia parallela) alle valute ufficiali correnti; il distacco (già pressoché avvenuto) della rete di internet dei due paesi da quella mondiale.

    E' una curva della storia che si sta realizzando in tempi molto brevi: prima avevamo la contrapposizione comunismo/mondo occidentale; poi abbiamo avuto alcuni decenni di piena globalizzazione  mondiale, in cui l'interscambio è stato non solo sul piano economico, ma anche su quello dei valori di riferimento; adesso sembra di essere arrivati a un assetto post-ideologico, in cui conta la dimensione fisica, appunto la geografia politica, intrecciata con i valori di riferimento della tradizione ancestrale dei singoli paesi, in una situazione che possiamo definire di doppia globalizzazione.

    Bio

    Antonio PreitiEconomista. Docente all’Università di Firenze. Master in Economia dello Sviluppo, Laurea in Scienze Economiche e Sociali. E’ cresciuto al Censis, responsabile di Sociometrica, è consulente strategico.

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