È una magnifica ossessione, e vitale, e intrigante, e infinita: quella degli Americani verso l’antica Roma. L’ultimo episodio di questa ossessione, modernissimo, è raccontato insieme dal New York Times e dal Washington Post (i due quotidiani più autorevoli in America) e già il fatto che siano, contemporaneamente, testimoni di un fenomeno, è una notizia nella notizia.
Cosa racconta questa magica sincronia? Racconta di quanto, secondo le ragazze americane, i loro fidanzati/mariti/compagni pensino spesso all’antica Roma. Qualcuno dice: “ci penso ogni settimana”; qualcun altro: “ogni giorno”. Perché? Si chiede la Rev. Kelsey Lewis Vincent in un tweet che ha avuto 8,2 milioni di visualizzazioni. Si apra il dibattito allora.
Qualcuno sostiene che gli Stati Uniti si vedano, appunto, come l’impero romano, con lo stesso “imprinting”: forza militare e diritto (le due grandi caratteristiche che Roma ha lasciato all’umanità); qualcun altro aggiunge, che si tratta piuttosto del declino americano, simile a quello dell’impero romano. Una corrente culturale sostiene che il senso della supremazia della razza bianca e della mascolinità nel mondo derivano proprio dall’impero romano, che ne avrebbe tracciato, per sempre, i tratti caratteristici. Qualcun altro ancora aggiunge che nell’impero romano, al contrario, si trovano molte differenti tipi di mascolinità, ma non entriamo in questa discussione.
Entriamo invece in un’altra, indotta dal pensiero di un utente di X (già twitter), che pensa, quando è alla guida, che le strade erano già state pensate e realizzate dai Romani; come gli acquedotti; come l’architettura dei palazzi pubblici (anzi, il termine architettura nasce dal prefisso arco-, che è connotazione romana…). Mary Beard, star dei social media e docente di storia a Cambridge, aggiunge che i Romani hanno inventato lo spazio pubblico, che hanno incorporato gli immigrati (come gli Americani); hanno inventato la politica nella sua versione più esaltante e crudele (quanti imperatori assassini nella storia romana!). Insomma, hanno invento il nostro mondo, alla sua massima espressione, e lo scrive in maniera efficace: “L’antica Roma non invecchierà mai”.
Diritto romano che si afferma anche quando l’impero scompare; politica come lotta tra fazioni, piena di grandezza e di orrore; potenza militare inesorabile, necessaria e decisiva; senso della propria missione nella storia; modernità nel considerare gli immigrati come un bene necessario; senso dell’inesauribile gamma delle personalità del leader politico (dalle più esaltanti alle peggiori); creazione di un linguaggio che ha plasmato l’Occidente sono i temi che ancora, e non meno del passato, sono tra noi. Questa l’eredità di Roma che non passa; non i selfie al Colosseo, inevitabile contorno effimero di questa grandezza spirituale.
Ci chiediamo allora: siamo anche noi ossessionati dall’antica Roma? Non dovremmo esserlo? Non sentiamo sulle nostre spalle, e nella nostra mente, questa eredità? Forse “dovremmo cambiare l'oggetto dei nostri desideri e non accontentarci di piccole gioie quotidiane” (quando le raggiungiamo) e pensare, che nella nostra miniatura (se rapportata alla Roma imperiale), possiamo evocare, ancora, con i mezzi che abbiamo, questa eredità che è ancora tra noi, e di cui dovremmo essere i primi custodi. È una magnifica ossessione anche per noi.